Il blog di Dire Fare l'Amore
Condominio [sveltina]
CONDOMINIO
Il palazzo era uno di quegli edifici anni Settanta in mattone forato e cemento che avevano allargato la città e ristretto la campagna, e che ora si erano trovati, quasi senza volerlo, a non essere in centro ma nemmeno in periferia. Si innalzava per sette piani separati tra loro da due metri e settanta di appartamento e quindici centimetri di soletta. Gli inquilini tendevano a ignorarsi tra loro, limitando le occasioni di socializzazione alle riunioni di condominio e agli incontri involontari sui pianerottoli. Gran parte della comunicazione passava attraverso i rumori della casa, che i muri, sottilissimi come si usava allora, non trattenevano. Il resto era affidato alla signora Maria, la “nonna” del condominio, una vecchietta gentile che si prendeva cura di tutti, ritirava i pacchetti quando passava il corriere e a Natale passava a fare gli auguri.
La sera di una domenica d’estate, il signor Silvestri del sesto piano, che stava leggendo un romanzo piuttosto noioso accanto alla moglie, fu preso da un improvviso desiderio sessuale. Depose il libro e iniziò le manovre di avvicinamento, consistenti in uno sguardo che avrebbe voluto essere languido e in una mano che avrebbe voluto essere audace. La moglie, signora Franca, aspettava in realtà da tempo quelle avances, divenute sempre più rare. Per non sembrare eccessivamente lasciva, cosa contro la quale era stata messa in guardia fin da ragazza, finse di ignorare il marito, poi di dissuaderlo con un timido “ma Ernesto” e infine cedette con un trasporto goffo ma carico di desiderio.
Il signor Silvestri, pur non avendo mai dato prova di grande creatività a letto, si impegnò con vigore e passione. Il risultato non fu tanto il piacere della moglie, inferiore forse alle aspettative, quanto un ritmico cigolare del letto.
Al quinto piano, Elia Borghi si stava concedendo una doccia prolungata dopo una lunga corsa fino al parco e ritorno. La sua compagna, Annalisa, si distraeva al computer accarezzando con la mente quello che era diventato un rituale: Elia rientrava sudato, carico di endorfine, si spogliava in corridoio e si infilava in doccia lasciando socchiusa la porta. Quando ne usciva, la scopava.
Su Annalisa quell’odore di corpo stanco di sport, il vapore caldo e i vestiti sudati in corridoio avevano un effetto eccitante. Ancora di più amava l’attesa. Tendeva l’orecchio per riconoscere i movimenti del fidanzato. Pregustava il momento successivo, quasi come se lo spogliasse con molta lentezza. Di tanto in tanto sbirciava: le piaceva guardarlo sfocato dietro al vetro appannato, disegnare a memoria le curve e i muscoli. Quanto più si avvicinava la fine della doccia, tanto più si sentiva pronta: smetteva di concentrarsi sul computer, ascoltava il suo corpo che si preparava, qualche volta si spogliava per farsi trovare nuda a letto. Aveva il sospetto che Elia facesse apposta a prolungare la sua attesa, e anche questo pensiero le dava i brividi.
Quella sera Annalisa aveva scelto di aspettarlo in corridoio indossando solo un vestito leggero di cotone: appena lo aveva visto uscire del bagno, gli aveva strappato l’asciugamano dalla vita. Si era appoggiata al muro del corridoio e si stava facendo prendere così, con le gambe allacciate ai fianchi, quando dal piano di sopra avevano sentito il cigolare del letto dei coniugi Silvestri.
«Hai capito i vecchietti?», aveva commentato Annalisa scoppiando a ridere.
«Adesso gli facciamo vedere», aveva aggiunto Elia trascinandola in camera.
Elia era di animo competitivo, Annalisa di animo generoso. Si concedeva con trasporto e amava esprimere il suo gradimento anche con parole e gemiti. Prese a incitare Elia e si accorse di come questo lo eccitasse. Mentre il piacere montava in lei, liberò un grido dai polmoni.
Al piano inferiore, Chiara, studentessa universitaria fuori sede, stava per avere il terzo orgasmo della giornata. Approfittando dell’assenza degli altri coinquilini rientrati a casa per il weekend, aveva invitato il suo ragazzo Yuri e avevano passato la domenica a letto frugandosi e esplorandosi. Nel momento in cui il grido di Annalisa era passato attraverso il soffitto e si era propagato nella camera, Chiara era a cavalcioni di Yuri e stava assaporando l’equilibrio perfetto tra il ritmo del movimento e la pressione con cui si sfregava su di lui.
Anni di residenze universitarie e appartamenti condivisi avevano acceso in lei una certa sensibilità per la promiscuità: apprezzava la libertà con cui il sesso era parte della vita comune, le confidenze, la facilità nel girare seminudi per casa. Alcune sere restava ad ascoltare la sua vicina di stanza a letto con il fidanzato, poi cercava una scusa per incrociarla in cucina e cogliere nei suoi occhi le tracce del piacere. Era diventata esperta nel decifrare i rumori dei vestiti che cadevano, delle docce che duravano troppo a lungo, dei mobili sottoposti ad altri usi.
Il gemito di Annalisa del quinto piano l’aveva colpita come una sferzata. Ricordava bene la ragazza, con la quale erano salite spesso in ascensore, il suo fisico minuto e aggraziato. Aveva impresso soprattutto il suo sguardo, profondo e curioso. Le era anche capitato di incontrarla in piscina. Avevano fatto la doccia insieme, lanciandosi di tanto in tanto un’occhiata. Nulla di più, ma abbastanza perché ora Chiara, sentendo Annalisa godere, la immaginasse lì accanto, a fianco a fianco con loro, in uno scambio di sguardi, gemiti e odori. Immaginò la sincronia delle due coppie, la specularità dei movimenti, la simultaneità delle reazioni.
L’orgasmo la scosse profondamente e si trasmesse a tutto il corpo. Prese a tremare, senza controllo. Sentì Yuri sciogliersi sotto di lei.
«Ellamadonna!», gridò Paolo al secondo piano. «Mi volete morto, voi due?». E alzò il volume della televisione, dove stava guardando un vecchio DVD porno.
Arrivando a casa con la spesa e fermandosi nell’atrio davanti all’ascensore, la signora Maria, la nonna del palazzo, non poté non sentire rimbombare per le scale quella cascata di gemiti.
Allungò lo sguardo su per la tromba delle scale e lanciò a mezza voce un «benedetti ragazzi, divertitevi finché potete!». Intanto pensava che era un buon giorno per aprire il pacchetto che aveva ricevuto e provare i benefici del nuovo giocattolino che si era comprata, un Rabbit a sette velocità che prometteva miracoli.
Salendo con l’ascensore all’ultimo piano, dove abitava, vedeva scorrere sulla parete del vano i numeri scritti a vernice nera. E i pianerottoli, le porte degli appartamenti. E negli appartamenti, questi condomini che erano diventati un po’ la sua famiglia.
Ciascuno rapito dal suo orgasmo, ciascuno preso dal suo piacere.
A ognuno, salendo, la signora Maria dava la sua benedizione.
2 Commenti
Silvia
12 Marzo 2014Un condominio in cui viene voglia di trasferirsi, ché la vitalità non si può rifiutare. 🙂
marco
4 Aprile 2014Di trasferircisi….o di crearne uno simile…che la vitalità si può riprodurre