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Hysteria. Quando godere non è una malattia [recensione]

Fino al 1951 l’isteria era considerata una patologia tipica del genere femminile. Ne soffriva il 50% delle donne londinesi e i sintomi erano i più vari e diffusi: insofferenza, sbalzi di umore, irritabilità, svogliatezza. Le terapie erano altrettanto fantasiose e inefficaci: bagni freddi o caldi, compresse e sciroppi.
Fino a quando, un medico inglese, pur non dubitando della diagnosi (era il 1880, non ci poteva proprio arrivare), iniziò una singolare forma di trattamento: prima attraverso la stimolazione manuale della vulva, poi con un dispositivo elettrico di sua invenzione.

Forse non aveva inventato la masturbazione, ma il vibratore sì.

E così, tra tabù vittoriani, paraventi in damascato rosso, gonne multistrato e orgasmi confusi con parossismi, assistiamo alla diffusione di una specie di strano incrocio tra un phon e un frullatore. Fanno da contorno gli entusiasmi tecnologici della seconda rivoluzione industriale, incrociati con le spinte democratiche delle suffragette e portano al centro della scena il tema della dignità della donna e del diritto al piacere.

E’ questo che racconta il gradevole Hysteria, film da stasera nelle sale. Diretto da Tanya Wexler, ha un cast di tutto rispetto, che comprende Maggie Gyllenhaal (Il Cavaliere Oscuro) e Rupert Everett, ma anche Hugh Dancy (My Idiot Brother)Gemma Jones (Harry Potter)  e Jonathan Pryce (La Maledizione della Prima Luna).

Un film ironico e ben fatto, da vedere..

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