Il blog di Dire Fare l'Amore

Pasta di miele, olio di argan [Darkroom #8]

Con grande piacere offro ai lettori un nuovo racconto della mia “Darkroom“, la stanza segreta per i vostri racconti anonimi.

PASTA DI MIELE, OLIO DI ARGAN

Granada 1210

Abdul dice che stasera il mio signore mi onorerà la con la sua presenza. E così stamattina sono iniziati fruscii delle vesti fra la camera da letto e la cucina.
C’è un odore dolce di miele, nella mia cucina, con un lieve accento di anice. Questa volta preparerò qualcosa di veramente speciale perché resti a lungo e la notte si spenga lentamente nell’alba. Perché il ricordo di questa sera sia lieve come il profumo dell’azahar in primavera ma capace di stordire anche l’amante più distratto.
Oggi voglio narrare i sapori e gli odori delle mie terre lontane affinché il mio padrone e signore possa sentire il calore delle mia passione nel mio cibo ancora prima che nel mio corpo.Così sono scesa nel piccolo orto a raccogliere melanzane lucide come la notte stellata, nere come la jiab di una vedova e le ho fritte in olio d’oliva profumato, tagliandole man mano che le gettavo nel liquido denso e caldo affinché non diventassero amare ma mantenessero il sapore dolce del sole. Ho tagliato il sedano bianco in lune sottili come i petali di una margherita. Ho fritto la cipolla dolce, ho aggiunto la polpa dei piccoli pomi d’oro, e infine l’uvetta di Corinto che l’eunuco Abdul è riuscito a carpire all’odioso mercante di Grecia, le olive verdi e carnose di Granada, le mandorle fresche del giardino e ho condito il tutto con l’aceto di Jerez e lo zucchero. In pochi minuti tutta la mia cucina si è riempita di un profumo dolce e al tempo stesso aspro.
Dopo ho pestato a lungo i pistacchi con le mandorle nel mortaio di marmo: volevo raccogliere il profumo senza perdere niente di queste essenze delicate. Li ho lasciati a bagno per una notte insieme ai semi di cardamomo e per poi filtrare il tutto in una tela sottile di garza lasciando che la polpa sugosa filtrasse per tutta la giornata. Quando ho raccolto questo latte nella ciotola ogni goccia profumava così intensamente da stordire.
Così è arrivato il momento di prepararsi. La pelle doveva essere morbida e delicatamente profumata come il collo di un bambino. Gli abiti sensuali ma discreti.

Ho preparato il braciere per il tè accanto al tappeto, l’acqua bollente nella teiera di terracotta, il tè leggermente rinvenuto insieme alla menta fresca del giardino. Lì, per terra, mi sarei inginocchiata per servirlo, scivolando le ginocchia sul tappeto mentre si adagiano sulle gambe, ondeggiando lentamente il corpo come giunco che si flette al vento del mattino, annuncio di una resa totale, racconto del desiderio di disponibilità ad accogliere, perché comunichi l’amore e non contenga alcun segno di ostentazione.
Samil è arrivato con il suo sorriso gentile che mi travolge di felicità e mi mozza il fiato. È attento e vigile ma non ha ancora deciso. Mi guarda e tace. Ogni tanto mi ritraggo e cerco di non guardarlo negli occhi per nascondere la mia grande emozione e per lasciare a lui la decisione se restare o andare. Non voglio che legga la mia emozione e il mio desiderio, non voglio si senta obbligato. Se potessi indossare ora il velo, lo farei ma questo sarebbe scortese e allora mi limito a tenere gli occhi bassi mentre sorseggio il vino che lui mi versa e sorrido con dolcezza ai suoi complimenti. Ogni scusa è buona per ritrarmi in cucina e non sostenere il suo sguardo. Lui se ne accorge ma non ha ancora deciso. Così continuiamo per tutta la sera, io a servirlo lui a cercare i miei occhi per un cenno di desiderio, io in silenzioso ascolto dei suoi racconti, lui che mi versa il vino per cercare di scrutare dentro al mio cuore.
Quando gli servo il tè sul tappeto lui mi guarda e i suoi occhi stanno diventando sempre più curiosi e attenti, le sue grandi mani sono appoggiate sulle gambe, immobili, come se una calma forza interiore le avesse staccate dal resto del corpo. E questo suo corpo così grande e immobile, mi fa impazzire di desiderio.
Preparo un pacchetto dove metto tutti gli avanzi della cena.
– Salim, che i miei sapori ti accompagnino nel tuo viaggio; ti prego che siano solo per te.
– Saharazade, che vuoi dire ?
– Nulla, mio signore quello che ho detto.
Lui tace pensieroso come se non fosse sicuro. Poi si avvicina e commenta:
– La tua schiena deve essere sofferente dopo tutto questo lavoro, lascia che sciolga per te questo nodo.

Così entriamo nella stanza. Mi spoglio lentamente scoprendo la schiena ma senza lasciare nulla di più alla vista, non voglio essere sfacciata. Mi massaggia la schiena con dolcezza, le sue mani sono grandi e calde. Mi meraviglio sempre di quanta inaspettata dolcezza possano esprimere quelli mani capaci con minimo sforzo di togliere la vita. A volte ho desiderato, che quell’assurdo controllo saltasse anche solo per un minuto fino togliermi il fiato, che quelle mani si infilassero nel corpo con tutta la loro potenza. Ma Salim non mi ha mai onorato di vedere la sua anima fino in fondo, neanche per un breve istante. Forse solo una volta, per una frazione infinitesimale mi è parso di intravedere e ciò che ho visto mi ha affascinato.
Mi ha accarezzato i capelli, infilando le mani fra i ricci come fossero i raspi di un pettine, poi si è chinato e ha baciato il mio collo. Il mio corpo è diventato sempre più liquido e morbido, Salim potrebbe affondare le sue mani senza che la pelle offrisse alcuna resistenza.
L’ho sentito alzarsi, mettersi ai piedi del letto, ruotare il mio corpo con gesto veloce prendendo il mio bacino fra le sue mani. Non so come ma sono di colpo nuda, le gambe solevate, il suo corpo dentro il mio, la sua bocca sulle mie labbra, la sua lingua mi riempie la bocca e una vertigine profonda mi fa tremare il corpo.
Ecco Salim, Salim che ho aspettato per tutti questi mesi, Salim che mi accarezza che mi prende passando dalla forza alla dolcezza come se non ci fosse differenza. Questo suo sesso enorme che mi riempie tutta senza mai offendermi. Quando lo sento nella mia bocca è sempre una sorpresa per quanto possa essere grande, dolce, delicato e al tempo stesso capace di riempirla tutta. Quando il piacere arriva lo sento gemere e inondarmi la gola senza che questo mi infastidisca né mi crei turbamento.
Salim sa ricompensarmi, mi tiene stretta e mi parla con dolcezza; mi dice che lui vuole essere solo ed esclusivamente per me e io finalmente sono in pace e felice.
Quando se ne va mi sussurra di non alzarmi, di restare lì a godermi la pace e il tepore del nostro amore, di ricordarmi che lui vuole essere solo e unicamente per me.
Solo felice, così felice che quasi non voglio addormentarmi, vorrei che lui restasse ma so che è una richiesta che non posso fare.
La notte è ancora fonda e il chiarore della luna filtra fra le finestre dell’Alhambra.
Sarà l’ultima notte che Salim verrà ad onorarmi. L’ultima notte che mi onorerà del suo corpo.

Granada 1211
Oggi l’eunuco Abdul mi ha lasciato dormire a lungo. Quando il sole era ormai alto e la luce incominciava a filtrare prepotente dalle grate dell’harem, è entrato nella mia stanza.
Vestiva la tunica bianca delle grandi occasioni che faceva risplendere la sua magnifica pelle nera, gli occhi scuri come la pece e l’imponenza della sua mole. Nelle mani il vassoio con il tè, la coppa con i semi di anice, il miele e i datteri freschi.
Si è inginocchiato al mio letto con lentezza, quasi fosse una schiava che serve il suo signore e, accarezzando i miei capelli di rame, ha incominciato a parlare:
– È giunto il momento di prepararsi Shahrazàd.
– Oh Abdul! Il mio signore viene finalmente?
– Shhh! Abbiamo tempo, mia cara.
Ha risposto lui con occhi dolci e tristi.

Ha preso il miele dalla coppa e con un cucchiaino minuscolo ha riempito la mia bocca.
– Che la tua bocca sia dolce più che mai, Shahrazàd! Oggi è il tuo giorno, il tuo padrone ha così ha deciso.
E dai suoi occhi scendevano lente lacrime tristi.

Poi mi ha offerto il tè che era caldo e dolce, il miele, i semi di anice e i datteri freschi.
Intorpidita dal sonno ho capito che tanta tristezza non lasciava molto spazio alle parole.
– Oh, Abdul! – Ho sussurrato. Non c’era molto altro da aggiungere.
Abdul mi ha preso in braccio e mi ha portato nella vasca. L’acqua era calda e profumata di vaniglia. Mi ha lavato, mi ha strofinato con dolcezza e lentezza come se il tempo non esistesse più e poi mi ha portato nel giardino dei limoni.
Lì è cominciato il grande rito: ha depilato il mio sesso e le ascelle con la pasta di miele, ha massaggiato a lungo la mia pelle con l’olio di Argan, ha pettinato il miei capelli gonfiando i boccoli con movimenti delicati e pazienti, ha profumato la mia pelle con olio di fichi e ha lasciato che il mio corpo bevesse a lungo il sole che filtrava attraverso i rami fioriti dei limoni.
Gli uccelli cinguettavano felici alla luce primaverile, bagnando le piume nelle vasche delle fontane. In lontananza, oltre il muro del giardino, sentivo i miei figli giocare. Le loro voci che si rincorrevano da un lato all’altro ma come se fossero lontane nel tempo.
La luce era calda, tutto sembrava perfetto ma le mie lacrime continuavano a scendere.
– Sei ancora bella Shahrazàd. – Diceva Abdul mentre mi accarezzava.
Siamo stati così per ore, io rannicchiata sul suo ventre potente e grande, le sue braccia che mi avvolgevano tutta, le sue mani cicciotte e pesanti che mi accarezzavano con una dolcezza sorprendente mentre le mie lacrime scendevano in singhiozzi sommessi.
Poi Abdul mi ha sollevato e mi ha portato dentro.
– Shahrazàd non temere, il tuo padrone non potrà dimenticare così facilmente!
– Perché non viene lui a farlo?
– Lui non lo fa mai, Shahrazàd, lo sai, perché dovresti essere diversa?
– Abdul, perché?
– Shhh Shahrazàd, non protestare! Perché dovresti farlo ora proprio tu?
Le mie labbra allora si sono chiuse, mi sono sdraiata sul letto, Abdul ha legato le mie mani con il laccio di cuoio, ha sistemato i miei capelli sul cuscino, ha divaricato le mie gambe, accarezzando per l’ultima volta il mio corpo fino a farmi venire e poi con un movimento lento e gentile ha portato la lama sul mio collo…
– In nome di Dio, Clemente, Misericordioso…
La stanza ora è diventata silenziosa e irreale. Il mio corpo sta diventando freddo e il sangue scorre rosso sulle lenzuola immacolate di lino. Abdul mi guarda con occhi tristi ma sembra così lontano!
Ed ecco le labbra di Salim morbide e carnose sulle mie, la sua lingua languida che mi bacia con dolcezza, il suo sesso rigonfio che mi riempie finalmente e mi taglia il respiro.
Non vedo più nulla, non ci sono più rumori, solo il calore del suo corpo dentro il mio e quello del sangue sul lenzuolo: addio anima mia.

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Leggi gli altri racconti della Darkroom

#1 – Mani

#2 – Oltre il muro

#3 – Frammenti

#4 – Facciamo un gioco

#5 – Cieco appuntamento

#6 – Tra le [tue] pagine

#7 – Al riparo dagli occhi

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4 Commenti

  1. Leo
    6 Febbraio 2012

    bellissima ed emozionante, l’amore è una cascata di emozioni, ma tu le snoccioli e riesci ad individuarle e a dargli un nome una per una, grazie!

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  2. amanda
    11 Febbraio 2012

    Abbandonarsi completamente all’amore…lasciare andare la propria anima fino a giungere ad una morte quasi piacevole. Non so forse è il mio spirito masochistico a farmi vedere questo racconto così…ma posso solo dire che mi è veramente piaciuto! Gli intensi profumi della cucina e il peccato della gola…Un racconto che ti emoziona!

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  3. Luisa
    11 Febbraio 2012

    Una delle tante aberrazioni riservate alle donne nella storia dell’umanità! Vivere in un serraglio, come gli animali. “Le Lettere Persiane” di Montesquieu sono state una lettura davvero sconcertante su quel mondo così assurdo. Morire appare la più dolce delle soluzioni se l’alternativa è la mancanza d’aria.
    Il racconto è intreressante anche se umanamente, non sopporto l’idea della donna serva e rinchiusa per i capricci di un uomo. Senza contare i poveri eunuchi. Brutta sorte la loro.

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  4. inachisio
    11 Febbraio 2012

    Amanda e Luisa, avete lasciato a pochi minuti di distanza due commenti quasi opposti, però anche complementari. Quando ho ricevuto questo racconto per la Darkroom e l’ho letto mi sono posto anche io il problema della dignità della donna nell’ambiente di quel tempo. Ho deciso di pubblicarlo per due motivi: intanto perché è scritto molto bene, con tatto, cura e finezza. E poi perché a volte il racconto storico permette di indagare dinamiche anche estreme di dominazione/sottomissione che magari sono presenti anche oggi seppur in forma diversa, o addirittura dentro la nostra mente. Questo racconto mi è sembrato più una metafora che un racconto realistico.

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