Il blog di Dire Fare l'Amore

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Continua la dotta dissertazione su come parlare di cazzi scrivendo di sesso. Che sembrerebbe questione di poco, ma di poco non è. Nel post precedente una prima parte.

Di un club esclusivo, di una banda di ignoti, di una congregazioni di adepti, il cazzo può certo anche essere «membro». Il che gli dà un’identità propria e nel contempo lo definisce come parte di un corpo. O almeno un affiliato tenuto a rispettare una qualche forma di regolamento condiviso. Il che, per iniziare, è già qualcosa. «Membro» è di quelle parole che godono del dono di una vita parallela: vivono su carta, proliferano anzi perché è uno dei sinonimi più usati dopo «uccello» e «pisello» (par condicio dei regni animali e vegetali); ma muoiono in bocca a qualcuno (avviso alla clientela, io ci provo ma ogni tanto – visto il tema – qualche doppio senso ci scappa). Tanto può essere facile dire «Edward introdusse il suo membro nell’accogliente salotto vittoriano di Elisabeth», tanto suonerebbe innaturale e inevitabilmente anti-erettile se una ragazza dicesse al suo nuovo fidanzato «hai proprio un bel membro»!
Ma questo ci dice anche qualcosa di interessante, che scrivendo di sesso non si può non allontanarsi in qualche modo dalla descrizione della realtà. Non so se sia vero di ogni scrittura, ma io sento che questo è un campo in cui le parole devono essere scelte con particolare cura. Non solo per il rischio sempre presente di ricadere negli stereotipi del porno o dell’eros più scontato, ma proprio perché se descritto così come si svolge il sesso perde ogni poesia, come hanno ben dimostrato le molte intercettazioni di coiti, festini e bunga-bunga. Le parole, che pure sono parte integrante (la prima forma di sesso orale, direi), sono però insufficienti a descrivere le sensazioni che si provano e, anzi, fuori da un contesto di battiti del cuore, di calore nel corpo, di odori, fruscii, dolorini muscolari inopportuni (ci sono anche quelli), diventano spente come lucciole in fin di vita.

Personalmente ho usato «membro» solo in due racconti, La pattuglia e Il numero perfetto, e non sono sicuro di aver fatto bene.

Per i curiosi del blog, trovate in questo racconto diverse decine di varianti ad una stessa frase: La lista di Mara

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